Illusioni latine, suggestioni tex mex,
sfumature sud americane. In un sogno sospeso nel passato si
intravedono i contorni sfocati di Tucson, lembo di terra bruciato dal
sole, lambito dalla sabbia del deserto di Sonora, epicentro
dell'omonimo concept album di Howe Gelb. Per celebrare degnamente le
tante anime della sua città d'origine, ambientazione perfetta dietro
a questa _ meravigliosa _ country rock opera il leader della band ha
deciso di raddoppiare la posta in palio. Allora al posto dei Giant
Sand arrivano i Giant Giant Sand, un progetto ancora più
“trasversale”, definitivo, totalizzante, condizione necessaria _
e in questo caso sufficiente _ per raccontare una storia sospesa nel
tempo, in Arizona, la storia di un uomo folgorato da una donna
seducente, perfettamente sintetizzata nell'artwork del disco. Jonny
Cash, Tom Waits sono i mostri sacri ai quali Gelb si rifà di volta
in volta, robetta da niente, solo la storia del country e della roots
music _ più o meno convenzionale (Wind Blown Waltz) _ a stelle e
strisce. Plane of Existence è qualcosa di diverso da una semplice
ballad, non tanto per il suo incedere o per l'armonia, ma per la voce
del leader dei Giant Giant Sand, al limite della pigrizia, quasi
fosse un'improvvisazione eseguita in quel bar sperduto, unico
avamposto dove ignorare il prossimo davanti a un po' di alcool ai
margini della città, fantasticando pateticamente sull'ipotetica
donna della vita. Tucson funziona perché è un disco impolverato,
perché non è originale, ma nemmeno finto, artefatto, semplicemente
l'istantanea ingiallita di un “non luogo” che forse, esiste solo nella mente di Gelb.
martedì 26 giugno 2012
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