Canta di perdizione Dave Gahan, canta _
ancora una volta _ tutti i suoi demoni, invoca i suoi fantasmi, in
una seduta spiritica accanto a Rich Machin e Ian Glover, i
Soulsavers, stregoni autori di un esercizio ipnotico lungo una
manciata di canzoni. Interpreta un personaggio che ritrova vecchie
paure, un uomo che si aggrappa ora a Dio (Presence of God), ora a una
donna per uscirne indenne, con qualche graffio e una marea di cose da
raccontare. Rispetto al pretenzioso Sound of The Universe, forse
scappato di mano in fase di scrittura ai Depeche Mode, qui non c'è
alcun filler, ma un eterogeneo susseguirsi di umori, lacrime,
speranze, gioia, paure, amore e frustrazione. Produzione impeccabile,
suoni essenziali che all'occorrenza cedono il passo ad elaborati
arrangiamenti orchestrali (La Ribera), lampi di luce, abbagli, attimi
di tregua all'incombente avanzata di oscurità portata in dote dalla
voce di Gahan, qui in grande spolvero e “faro” nella notte
meravigliosa di questo 4 album dei Solsavers. Gospel 2.0 meglio del
90% offerto dal restante panorama del settore in Just Try. Point sur.
Pt1 è un meraviglioso preambolo sinfonico a Take me back home, brano
che ricorda le atmosfere di Exciter dei Depeche. In Bitter Man _ la
terra di mezzo dove frustrazione e ribellione si fondono _ invece si
parla di radici, confusioni, certezze che si infrangono, un brano più
ambizioso e forse meno diretto del singolo The Light the Dead See. La
perfezione? Tonight, pop song ineccepibile e potenziale singolo di
una carriera.
martedì 5 giugno 2012
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