Il quartetto inglese è un gruppo di
miracolati: dopo il flop conclamato di Intimacy, album uscito più
per esigenze contrattuali che altro, Kele Okereke & Co. si sono
rimessi in carreggiata, uscendo da quella spirale autodistruttiva di
tensioni e litigi che li aveva portati a un passo dallo scioglimento;
probabilmente il rompete le righe è stato evitato dallo scarso
appeal del disco electro del cantante, passato in sordina e
velocemente archiviato, così come le sue velleità di carriera in
solitaria. L'album, registrato interamente a New York, si apre con So
he begins to lie, power ballad che si congeda con un caustico finale
in crescendo. 3 x 3, pessimista quanto basta e il singolo Octopus
sono il miglior link con le origini post punk dei londinesi,
ri-energizzati a dovere dopo le ultime sperimentazioni elettroniche,
tutt'altro che memorabili. Real talk, rallenta con una serie di
arpeggi di chitarra a sorreggere le improvvisazioni di Kele. La
sorpresa vera arriva con Kettling: un brano new metal (?!) in cui la
sei corde di Russel Lissak “scimmiotta” Deftones, Korn e
compagnia bella. Fatte le dovute proporzioni _ potrebbe essere la
loro Song2. Nei momenti di quiete (Day Four), invece si rievocano
Police di Every Breath You Take o i Cure in luna buona (V.A.L.I.S.):
sindrome bipolare? Decisamente si. Pregio e limite di questi Bloc
Party la bulimia di generi, ispirazioni, spunti _ più o meno
consapevoli e dichiarati: un “caos cosmico” che sulle prime
disorienta, ma in ultima analisi è l'unica alternativa rimasta al
gruppo per andare avanti senza rifare ad libitum lo stesso album.
giovedì 6 settembre 2012
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