Bloodsports è il disco che non
t'aspetti, per tanti motivi: arriva dopo ripetuti e reiterati rifiuti
ad andare oltre tour nostalgia: “mai e poi mai”, dichiarava
sicuro il cantante Brett Anderson, due o tre anni or sono. E poi è
il disco che non t'aspetti perché suona bene, decisamente meglio
rispetto al precedente A New Morning del 2002, (nato male e
invecchiato peggio), come se il letargo decennale sia stata una
parentesi estemporanea. Anche se la storica line up non è al
completo, (le due anime della band, Anderson e il chitarrista Bernard
Butler ci hanno provato con il buon side project The Tears nel 2005)
è un disco al 100%Suede, con tutti i pro del caso. I contro _
perdonate il mio essere partigiano _ non esistono. Musicalmente
Bloodsports è il trait d'union tra Dog Man Star e Coming Up (il gota
della loro discografia), cori immediati, sorretti da riff glam
alternati a morbide trame brit. Il concept dell'album, ispirato dal
libro Essays in Love, di Alain de Botton, racconta la genesi di una
storia d'amore e il suo tribolato epilogo. La nobiltà sonora
d'Albione è degnamente rappresentata nei 10 capitoli di un lp che si
apre in pompa magna con Barriers. Perfetta, tra Smiths, Roxy Music,
e... Suede! Sabotage, ma soprattutto For The Strangers sono tra le
migliori ballate del gruppo. Si rallenta con Sometimes I Feel I'll
Flow Away, dall'ineccepibile partitura di chitarra e con le
malinconiche e disilluse vibrazioni di What are you not telling me?
Faultline, in ossequio al concept di cui sopra, chiude sommessamente
il discorso, con Anderson a cantare ancora una volta il suo dolore
per una storia finita male. Come ai bei tempi. Bentornati ragazzi.
mercoledì 20 marzo 2013
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