- Aka: signor disco-
I Cold War Kids sono un
paradosso. Da sempre. Sfornano signori dischi _ certamente mai
epocali _ ma con regolarità (dal 2006 ad oggi sono quattro). Il
paradosso è che altrettanto regolarmente non ottengono l'attenzione
che meritano. Un vero peccato. Prima, schiacciati da un filone che ha
recuperato, peggio rispetto a loro, lo spleen di Joy Division e
affini (Interpol ed Editors su tutti e spesso con risultati fin
troppo scolastici), e ora la loro moderata svolta “pop” (nei
limiti del contesto sia chiaro) li ha messi a contatto con miliardi
di band concorrenti. Fortunatamente gli argomenti non mancano al
gruppo Californiano e nuova linfa viene apportata dall'ultimo
arrivato, il chitarrista _ e co.producer Dan Gallucci, già nei
Modest Mouse. Dear Miss Lonelyhearts si apre con il botto di Miracle
Mile, esercizio di forza nell'addomesticare il pop ad una forma
canzone perfetta nel suo incedere spedito, un inno da arena rock per
intenderci con il soul nell'anima (I feel the air upon my face,
forget the mess I'm in). Giocano subito a viso scoperto i Cold War
Kids: questo album vuole sovvertire il paradosso ed imporli _
finalmente _ ad un pubblico più ampio. Lost That Easy altro capitolo
degno di nota è un pezzo che rimane impresso dal primo ascolto, un
lifting sonoro con abbondanza di synth. Addomesticare un sound,
dicevamo (stavolta la “concorrenza” sono i Kings of Leon e gli
ultimi Killers), ma con misura, mancata un po in Loner Phase e
recuperata nella contagiosa Bottled Affection e in Tuxedos (con
Lennon dietro l'angolo). La voce di Nathan Willet continua a spingere
che è una meraviglia, e gli strumenti “in dissonanza” (ricordate Hang Me Up To Dry?) ci sono
ancora, qualcuno che fa altro, rispetto all'armonia principale e
mantiene vivo il tessuto del brano. Apprezzabile il solo di sax nella
malinconica Fear &Trembling, un gospel contemporaneo e attuale.
Altrettanto significativa la malinconica conclusione di Bitter Poem.
Che sia la volta buona? Tifiamo per loro...
giovedì 9 maggio 2013
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