La critica parla di High Hopes,
l'ultimo di Springsteen, come di un disco "minore"... in
passato è successo, ad esempio per Nebraska, Tunnel of Love, album
che ho apprezzato moltissimo. Paragoni troppo ingombranti forse,
specie per lo scarno disco acustico uscito dopo il buen ritiro in
solitaria a inizio Ottanta. L'idea che ci siano tout court piccoli tesori, in album disomogenei come questo, _ composto da cover,
versioni alternative e riarrangiate di vecchi pezzi e b sides _
risulta un po' pretenziosa lo ammetto. Nonostante non sia uno
springsteeniano convinto, le aspettative erano alte, con la mente che
rimanda a Tracks _ 4 cd di rarità, quelle veramente imprescindibili
in una discografia sterminata. La buona notizia è che Bruce
(ri)conferma la virata rock dell'ultimo Wrecking Ball. Croce e
delizia di High Hopes la chitarra di Tom Morello, protagonista nel
solo della versione in studio di American Skin (41 shots), un brano
inserito nel Live In NYCity del 2001. Presente in 8 brani su 12 l'ex
Ratm/Audislave impone il proprio stile (sua l'idea di riproporre High
Hopes, pezzo degli Havalinas) graffiando la sei corde senza
risparmiarsi, come nel chilometrico assolo di The Ghost of Tom Joad,
canzone di protesta dell'omonimo lavoro del '95 e anello di
congiunzione tra questi due artisti (peccato per la tendenza a strafare del losangelino, spesso incapace di sintesi). Down in The Hole è il
rovescio della medaglia di I'm on Fire. Curioso il fantascentifico
dialogo tra Einstein e Shakespeare in Frankie Fell in Love
rispettivamente ambasciatori di raziocinio e poesia. La delicatezza
di Hunter of Invisible Game, e lo struggente climax di The Wall
dimostrano che la vena compositiva del Boss è tutt'altro che logora.
mercoledì 22 gennaio 2014
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