Dischi del genere, dove il canto è un
sussurro si reggono sui dettagli. Vivono di dettagli. E una buona
produzione molto spesso non basta. Occorre una ricerca _ totalizzante
_ del suono, un lavoro sugli arrangiamenti. sulle trame della canzone
e la metrica costante e preciso, puntuale. Citare, in un'epoca in cui
tutto è post (direbbe il noto critico musicale Simon Raynolds) è
inevitabile, plagiare poi è un rischio sempre dietro l'angolo. Non
esistessero Bon Iver e James Vernon, chiunque parlerebbe di Post
Tropical in toni entusiastici. Non conoscessimo la girandola di
emozioni e sfumature proposte dagli illustri predecessori di James
Vincent Mcmorrow, grideremmo al miracolo. Purtroppo non è così.
Tralasciando inappuntabili, quanto sterili, precisazioni cronologiche
e soffermandosi esclusivamente sulla musica, sui suoni beh... rien à
dir: Post Tropical è una carezza lunga 10 canzoni. Minimo comun
denominatore a questi pezzi l'atmosfera intima, che permea un mood
riflessivo, mai intriso di una malinconia glaciale e fredda. Un mondo
immaginato e dipinto con acquerello (bellissimo il disegno in
copertina), scandito dalla delicatezza del falsetto di McMorrow. Ogni
brano offre spunti diversi, partendo dal singolo apripista Cavalier,
al battito hip hop che scandisce Red Dust passando attraverso ai
fiati di Gold o alle note pizzicate di All Points. La title track
prosegue nel solco del miglior pop.
giovedì 30 gennaio 2014
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