Houses of The Holy è l'istantanea di
un gruppo per l'ennesima volta in stato di grazia (nel '73 anno di
pubblicazione del disco era già successo altre 4 volte: un record!).
Una band ancora lontana dalle secche compositive e dalle tensioni di
Presence, monocorde e disperato urlo hard rock, forse la prima e
unica flessione nella discografia del dirigibile. Con questo disco
gli Zeppelin contaminano il proprio sound, includendo elementi
reggae, funk e pop e smarcandosi dal precedente Led Zeppelin IV. La
copertina del disco è ispirata da un romanzo di Arthur Charles
Clarke del 1952 intitolato “Le guide del tramonto”. “Floydiana”
fino al midollo, la cover è stata realizzata da Aybrey Powell,
grafico dello studio Hipgnosis (celebre per le copertine di Waters &
Gilmour). Il disco (in totale 8 canzoni) alterna composizioni lunghe
e articolate, con cambi di tempo, di atmosfere e registro pressoché
continui e ripetuti. In quel periodo niente sembrava scalfire
l'ambizione di Page, autore di un vero e proprio miracolo
chitarristico per l'opener The Song Remains The Same, con un
campionario sonico pressoché infinito, miracolo "bissato"
in Over The Hills and Far Away. Finalmente sale in cattedra John Paul
Jones, polistrumentista mai troppo lodato: è suo l'organo spettrale
nella funerea No Quarter, tra l'altro l'interpretazione più dark di
sempre per Robert Plant. Houses of The Holy è un caleidoscopio di
atmosfere sognanti e rarefatte (The Rain Song), caraibiche (D'yer
Maker, il primo reggae bianco anticipa l'esplosione della musica
Giamaicana), psichedeliche o pop (Dancing Days).
venerdì 18 gennaio 2013
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