Il video di Step, un bel bianco e nero
con New York sullo sfondo ha tutto _ così come la canzone _ per
rimanere impresso, anche un messaggio subliminale: ai Vampire Weekend
piacciono i Modest Mouse, citati più volte nel testo del loro ultimo
singolo. Endorsement a parte, veniamo al disco. Melodie dream pop
che di volta in volta si propongono sotto una veste differente: ecco
che tessiture afro più corpose e stropicciate si alterano a setosi
drappeggi classici (nelle interviste promozionali Ezra Koeing ha più
volte ricordato la sua scorpacciata sonica dell'ultimo periodo di
Bach, Beethoven Chopin) o a morbidi e confortevoli tessuti pop rock.
Meno spigoloso rispetto al precedente Contra, Modern Vampires of The
City è un ulteriore passo in avanti per questi newyorkesi, mai così
padroni della materia, “tuttologi” in bilico tra vaghi echi di
ska/reggae, surf, world, gospel e qualsiasi altra cosa. Le citazioni,
si sprecano. Qualche volta l'esigenza (in questo caso parlare di
ansia di strafare sarebbe ingiusto) può giocare brutti scherzi,
ecco spiegati quegli effetti grossolani di elettronica _
nell'altrimenti memorabile _ Ya Hey (nei testi, un abbraccio al
Rastafaresimo di Bob Marley “...and Babylon don't love you"). Bella la
danzereccia e vivace Dyane Young, talmente strafottente e arrogante
con il suo mood Eighties (vengono in mente addirittura gli Wham) da
respingere critiche altrimenti doverose se non fosse per una
scrittura sopra la media. Il tribalismo del Mali, fiore all'occhiello
di Cape Cold Kwassa Kwassa (classico dal loro debutto) c'è ancora,
ma il terzo album dei Vampire Week End tra melodie dall'architettura
perfetta e amare riflessioni, segue un flusso più ragionato,
declinato di episodio in episodio con grande competenza e che
richiede più ascolti per essere assimilato appieno.
mercoledì 15 maggio 2013
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