Keep Moving doveva essere il terzo
capitolo della saga hard rock dei Wolfmother. Così non è stato. Il
Deux et Machina della formazione australiana ha messo in soffitta il
moniker (optando in un secondo momento per un'opzione più
possibilista sul futuro della band) aprendo ad un percorso solista.
Una prova convincente che prosegue _ e non poteva essere altrimenti _
il discorso di Cosmic Egg, ultima prova in studio per il combo di New
Moon Rising. Stavolta però il tenore delle canzoni è meno
arrembante. Intendiamoci, riff al fulmicotone, urla “campionate”
dall'ugola di Robert Plant non mancano. Il lupo perde il pelo ma non
il vizio: è sempre il rock di settantiana memoria (Vicarious, Year
of the Dragon) a monopolizzare le trame sonore del disco, quello
della triade Zeppelin, Sabbath e Purple. Tuttavia affiorano nitide
parentesi blues a smorzare la tensione, attimi di quiete che
ricordano da vicino il rock dei Free e nell'attitudine, l'avventura
dei Thin Lizzy. Poi ci sono le ballad _ come Suitcase o Black Swan _
numeri d'alta scuola per i nostalgici del soggiorno gallese dei Led
Zep (era il terzo album, acusticamente perfetto). Le critiche
arriveranno (ancora): citazionismo _ se non addirittura manierismo _
i capi d'accusa più frequenti. Let somebody Love You è una
cartolina dal sud dell'America, testimonianza perfetta del ruolo del
Lynyrd Skynyrd. La verve dei Wolfmother non manca in She's a
Motorhead (e con un titolo così non potrebbe essere altimenti): funk
hendrixiano indiavolato. Brillante il recupero di Stockdale in
Country con un'armonica roots godibilissima fa venire in mente Howl
dei Black Rebel Motorcycle Club. Ed è un signor complimento.
mercoledì 10 luglio 2013
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