venerdì 5 giugno 2009

The Black Crowes:Lions


Facile fare i fighi adesso, che il new metal buzzurro à la Limp Bizkit è roba da preistoria (per fortuna), adesso che non è più un crimine suonare sano e robusto rock n roll come Dio comanda. Ma non credete,di tempacci duri ce ne sono stati tanti in passato, sotto le mazzate dei vari Eminem o del primo Fred Durst di turno, anche per i fan dei Black Crowes, from Atlanta, definiti da Melody Maker il gruppo rock'n'roll più rock'n'roll del mondo. Quando i Black Crowes lasciarono l'ultimo album prima del break nel lontano 2001 erano merce rara per davvero. Primi discepoli dei maestri, coerenti e una spanna sopra la media. Ripeto discepoli e non semplici epigoni. Suoni diversi, ma uguali casini per questi Oasis d'oltreoceano (il sound è altro rispetto ai mancuniani): altri i modelli ma (scusate per questa rima sadica) stessi i coltelli che i fratelli Rich e Chris Robinson si sono tirati in passato. Shakerate il tutto con droghe, donne, risse, concerti da folle, canzoni meravigliose e storie allucinate, allucinogene e psichedeliche (della migliore specie) e otterrete un quadro attendibile dei Black Crowes dei tempi, ammesso che le vecchie abitudini siano desuete. Il tour che fecero con gli Oasis nel 2001 definito ironicamente "The tour of brotherly love"supportava Lions:un disco coi controcazzi. A partire dal fischio degli ampli che introduce l'opener track Midnite from the inside out, o gli effettini di Lickin, sporco primo singolo attuale ancora adesso. Come on chiude l'ottimo trittico iniziale. Il respiro lo porteranno altre canzoni, dolci e delicate come Miracle to me o la cavalcata soul Lay it all on me. La vera gemma, perché di gemma stiamo parlando è No use lyng che combinando il wah wah col leslie crea un atmosfera perfetta, il modo migliore per dirsi addio, per congedarsi.
Sparatevi a palla l'intro se vi volete bene.

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