mercoledì 30 settembre 2009

Muse: The Resistance

Una stella in più la meritano per il divertente siparietto promozionale a "Quelli che..." dove di fronte al rifiuto imposto dagli autori di suonare live il singolo Uprising hanno pensato bene di scambiarsi identità, strumenti e ruoli. Tanto per divertirsi alle spalle della showgirl nazional popolare puntualmente caduta in trappola e che ha dimostrato per l'ennesima volta, un pressapochismo imbarazzante nel condurre, (lasciamola emozionarsi con Giusy Ferreri)non accorgendosi della burla. Veniamo al disco: The Resistance ha una mole enorme. E' un album onnivoro, di generi, citazioni, rimandi. Molte volte al limite del plagio. Un disco strabordante dove si fondono il rock, il prog, la classica, e che non dimentica il retaggio sperimentale del precedente Black Holes & Revelations. Il trittico iniziale presenta i pezzi più accessibili con la bella title track in evidenza. Questi sono i Muse. Dal quarto pezzo, invece la virata, non sono più loro: United States of Eurasia si avvicina pericolosamente ai Queen, poi diventa altro di colpo, si aggiungono influenze cinematografiche e infine è Chopin. Ecco vorrebbe essere la colonna sonora di qualche colossal, infarcita nella splendida coda pianistica di rumori assortiti in sottofondo, voci sussurrate e abbozzate. Le altre stelle, e fanno 4, le porta la composizione finale Exogenesys Symphony, divisa in 3 atti (Overture, Cross-Pollination e Redemption) e registrata con 30 musicisti della Scala di Milano è la prova più ambiziosa che i Muse abbiano mai realizzato. Più in alto non si può andare però, Icaro docet.

martedì 29 settembre 2009

Three days of peace and music



Ecco il trailer di Motel Woodstock nuovo film di Ang Lee in uscita il 9 ottobre. Colonna sonora della madonna, ma faccio senza dirlo io...

giovedì 24 settembre 2009

Tempesta di sabbia a Sydney

Sabbia rossa e deserto nei cieli di Sydney: era dal lontano 1940 che una tempesta di sabbia di queste dimensioni non si abbatteva sulla metropoli australiana. Visivamente nulla da invidiare ad Apocalypse Now. No tranquilli, Marte non è stato colonizzato e non è nemmeno il trucco di qualche burlone troppo avvezzo con photoshop ed altri programmi similari. Però, non c'è che dire...surfare in quelle condizioni deve dare una certa soddisfazione.

mercoledì 23 settembre 2009

Alice in Chains: Black Gives Way to Blue

Ogni due o tre anni magazine e riviste musicali aggiornano il "paniere" dei reduci di Seattle e dell'ondata grunge, menzionando figli e figliastri di un suono ancora bene impresso nella mente e nel cuore di milioni di fans. Faccio senza dirlo tra gli altri i più nobili: Nirvana, Soundgarden, Pearl Jam, e Alice in Chains. Dell'oscura creatura di Jerry Cantrell e Layne Stanley si erano perse le traccie da molti anni: dalla morte per overdose nel 2002 di Stanley, ricordato nella bella title track, gli Alice in Chains sembravano una pratica chiusa, fino al nuovo album Black Gives Way to Blue. Dietro al microfono William Duvall (sosia di Lenny Kravitz per l'estetica e del predecessore per lo stile vocale). Il disco suona molto bene, è granitico, con la voce di Cantrell a dar forza e vigore ad ogni traccia dell'LP: il chitarrista sembra "confinare" alle backing vocals il nuovo arrivato, quasi ad abituare pian piano i fan alla transizione. Difficile da digerire: il giocattolo seppur nuovo, luccicante (anzi oscuro) e curato in ogni minimo dettaglio pare non funzionare. Gli assoli sono micidiali, il sound e l'intesa tra i musicisti è più che buona come traspare dal primo singolo A looking in view o da Check my brain, eppure qualcosa non va. Ad esempio l'idea che oggi, facendo i conti con gli "anta" le inquietudini siano ancora le stesse di vent'anni fa. Gli stessi incubi. Serviva più coraggio, meno volontà di speculare con il nome della band. L'impressione che le chiavi per liberare dalle sue catene Alice siano a portata di mano e che Cantrell le nasconda a proprio piacimento è più di un legittimo dubbio.

domenica 20 settembre 2009

Jack Penate: Everything is new

-Avant garde-
Guardare avanti e non aver paura di scazzare. In barba ai recensori e alla moda maistream. Niente da fare: musicalmente parlando gli inglesi sono avanti rispetto a noi. Anni luce. Peccato per quella vena cannibale dell'intero indotto musicale che vede puntualmente i pargoletti di magazine e riviste specializzate vittime di una riduzione sempre più significativa della loro longevità discografica. Quindi rompendosi i coglioni molto più alla svelta, le major inglesi ti sbattono fuori alla prima cappella che fai. Intanto in Italia scimmiottiamo questo e quell'altro. Diventa un compito sempre più arduo portare a casa la pagnotta, se ci riesci e allo stesso tempo risulti originale, con un suono e uno stile tuo.. beh allora chapeau. Jack Penate ci è riuscito, svoltando da un passato discografico troppo in linea con la moda brit del momento, il musicista ha sfornato un disco meraviglioso, solare e che ti riconcilia con tutto. Everything is new titolo del suo ultimo disco è un'affermazione vera e sentita, da metterci la mano sul fuoco. Un suono freschissimo, estivo, troppo bello per esser sputtanato da Rtl e altre radio sui generis. Atmosfere alt.carioca(Give yourself a way), estive, giamaicane... questo gioiellino è il primo album di world music moderno ed easy listenig. Complimenti davvero, anche se con molto ritardo, per il tormentone indie che mai fu (peccato) Today's tonight. Let's all die è prendere in giro la morte e il magone con una bella alzata di spalle. Body down è il caustico jolly finale.Scopritelo.

lunedì 14 settembre 2009

Alice In Chains: Got me wrong



Gli Alice In Chains con Layne erano magici. Adesso sono semplicemente l'ennesimo gruppo che sta riproponedo in una versione edulcorata (l'ultimo album con un nuovo cantante è appena uscito) il glorioso passato che fu. Senza guizzi si trincerano dietro un muro di suoni granitico. Ripeto, qui erano veramente magici.

E sti c...!

mercoledì 9 settembre 2009

09-09-09

martedì 8 settembre 2009

Bye Mike.

Se ne va un personaggio incredibile,un pezzo di televisione e del costume italiano. Unico.
http://www.youtube.com/watch?v=_mj2Sda7kT8

lunedì 7 settembre 2009

I-Day Festival@Milano

Se c'è 1 elefante nella stanza meglio presentarlo subito. Dunque, parafrasando questo antico adagio, reso famoso da Randy Paush (vedi post del 6 agosto), l'elefante nella stanza dell'I day music festival, è la defezione degli Oasis alla vigilia. I mancuniani hanno dato buca, grazie all'ennesimo parapiglia di una carriera fatta di eccessi e fuori dalle regole. Ora è irrilevante chi abbia distrutto la chitarra a chi, tra i due Gallagher non scorre buon sangue e questo lo sapevamo. Peccato per l'epilogo inglorioso, per il pubblico e gli organizzatori del festival, anch'essi "vittime" degli eventi e di un calo sensibile di presenze dovuto all'assenza della band principale. All'ultimo sono arrivati i Deep Purple, esempio di professionalità e di carisma nonostante la datata anagrafe.
E' toccato agli Hacienda, giovane band fiorentina, aprire le danze con il loro indie rock di stampo brit. Meno peggio del previsto i Twisted Wheel (bizzarro il destino, li trovo assolutamente mediocri e per ben due volte me li sono dovuti sorbire come gruppo spalla). Poi sono arrivati i Kasabian. E il riff alieno di Vlad the Impaler ha aperto un concerto memorabile per intenistà e coinvolgimento. Where did all the love go, Underdog, il groove lascivo di Fire, i singoli _cazzuti_dell'ultimo album ci sono tutti, assieme alle storiche Club Foot e LSF. Sicuramente il gruppo che più a scaldato la platea meneghina. Per spessore e bravura avrebbero dovuto esibirsi dopo i Kooks, che nonostante il repertorio leggerino, imbastito su un pop rock dai ritornelli contagiosi ci hanno messo l'anima per non sfigurare e portarsi a casa la pagnotta. Gli autori di Naive hanno omaggiato gli Oasis con un abbozzo di Live Forever, intuizione di ciò che avrebbe potuto essere l'ultima data del Dig Out Your Soul tour.
Tutte le band in cartellone hanno assisitito dal lato del palco al live dei Deep Purple. Higway Star (solo quella però)sembra una chimera per la voce di Ian Gillan, impeccabile con Hush, Perfect stranger e altri classici sparsi lungo 40 anni e più di carriera.
Immortali, come il riff di Smoke on the water.

domenica 6 settembre 2009

Parole sante.

martedì 1 settembre 2009

Occhi aperti (Pt.2)











































Occhiate tratte da:
The Mirrors
Yeah Yeah Yeahs
Ian Brown
Scisma
Rodrigo Y Gabriela
Escher
Una roccia in America