mercoledì 28 dicembre 2011

Chris Cornell: Songbook

Riappropriarsi del passato, di tutto quanto, senza censurare alcune parti della propria carriera, ripercorrendo un percorso talvolta tortuoso, ma dall'indubbio valore artistico. Songbook nasce da queste premesse, dalla volontà di ridurre all'osso gli orpelli su questi pezzi straordinari, resi ancora più magici dalla voce _ qui in grande spolvero _ del leader dei Soundgarden. Un disco dal vivo che da all'ascoltatore la possibilità di apprezzare la grande capacità interpretativa di uno dei migliori cantanti del rock di sempre. Sono molti gli indizi che portano a considerare Songbook un album con i contro "...". Uno su tutti la scaletta, ben bilanciata tra brani composti dalla band di Superunknown (le sempiterne Black Hole Sun e Feel on Black Days) e dagli altri gruppi in cui ha militato Cornell, Audioslave (I'm the Highway da brividi come sempre) e Temple of The Dog, ma addirittura le canzoni estrapolate dall'abominevole album con Timbaland (il punto più basso per uno come lui) suonano bene. E questo è un mezzo miracolo. Poche storie, ogni tre per due vien voglia di imbracciare una chitarra (si anche per un chitarrista scarso come il sottoscritto) per accompagnare idealmente il cantante di Seattle. Songbook dimostra come il repertorio sconfinato di Cornell conosca pochi punti di flessione: costellato di classici minori (Wide Awake, Doesn't Remind Me, All Night Thing) da a chiunque la possibilità di rivivere la biografia più o meno recente dell'artista in parallelo alla sua evoluzione nel processo di songwriting, anche in solitaria passando dal debutto di Can't Change Me a The Keeper unico inedito del live. Il nove lo portano in dote due cover: Thank You dei Led Zeppelin e Imagine di Lennon.

sabato 24 dicembre 2011

giovedì 15 dicembre 2011

Rich Robinson: Through A Crooked Sun

Terminate con successo le ultime date con i Black Crowes, Rich Robinson si è buttato a capofitto a registrare Through A Crooked Sun, seconda prova in solitaria dopo l'esordio del 2004, intitolato Paper. Rispetto ad allora, un progetto muscolare dove l'improvvisazione in lunghe jam blues era l'asse portante di tutto e le liriche erano ridotte all'osso, oggi le parti cantate sono molte di più. Un salto in avanti non da poco che consegna agli amanti del genere non solo un buon diversivo, ma un disco decisamente più godibile e bilanciato, probabilmente il miglior lavoro solista tra quelli dei compagni di band. In una recente intervista lo stesso Robinson ha fatto un paragone con la prima esperienza in solitaria ribadendo come nel 2004 _ dopo lo scioglimento dei Corvi di Atlanta e il naufragare immediato dell'avventura con gli Hookah Brown _ dovesse reinventare tutto d'accapo, ora con più maturità nel gestire crisi/separazioni e il complicato rapporto con il fratello Chris (la voce dei Black Crowes) il processo è stato decisamente più facile e rilassato. Station Man, pur non avendo grosse intuizioni, apre come uno qualsiasi dei brani di The Southern Harmony and Musical Companion, e proprio come le canzoni bel best seller del 1992 si chiude con un bel solo e un atmosfera stonesiana. Il riverbero di chitarra in Falling Again ricorda tremendamente la vecchia ballad Thorn in My Pride, ma rispetto al cavallo di battaglia del suo gruppo il pezzo si smarca dal solito con il suo incedere à la Crosby Stills Nash Young. Bene anche la più vigorosa Fire Around e la suadente Hey Fear.

giovedì 8 dicembre 2011

The Black Keys: El Camino

L'arte dell'arrangiarsi in tempi di crisi e di concorrenza spietata: il video cult di Lonely Boy _ con un ballerino improbabile e già oggetto di numerosi tributi su You Tube _ è il miglior biglietto da visita per i Black Keys. Alla faccia del viral marketing, alla faccia delle strategie sempre più sterili dei management delle major. Forse basta il primitivo blues rock venato di atmosfere sixties, forse basta quell'intro che non lascia scampo all'ascoltatore, preso bene da un sound così "facile". L'essenza di El Camino _ e più in generale della parabola artistica dei Black Keys _ poi è tutta qui: semplicità. Rispetto all'acclamato Brothers di un anno fa, l'ultimo prodotto licenziato dal duo dell'Ohio è più veloce, immediato non solo in termini di minutaggio ma anche a livello prettamente artistico. Si macinano riff alla vecchia maniera, riff sporchi impastati di blues e buon vecchio rock'n'roll. Stop. El Camino cita un po tutti, addirittura Jimmy Page che sembrerebbe quasi sul punto (in alcuni passaggi) di fare un cameo per Starway to Heaven: si si proprio il classicone del dirigibile, poi ovvio è più una sensazione e immediatamente terminato il "plagiomaggio" i nostri riprendono saldamente in mano il timone per tornare sui sentieri conosciuti dagli afecionados del loro sound. Probabilmente questo disco sancisce la definitiva volontà della formazione di accantonare quel percorso di sperimentazione intrapreso con l'ottimo Attack and Release (prodotto da Danger Mouse) dove oltre al classico intreccio chitarrabassobatteria c'era un timido tentativo di aggiungere qualche inserto sintetico per variare il sound.



Qui sopra il video di lancio del disco...

giovedì 1 dicembre 2011

Noel Gallagher: Live @ Alcatraz (Outtake!!)

Entrato sul palco alle 21 precise con puntualità svizzera, Noel Gallagher ha esordito con (It's Good) To Be Free. Non solo un modo insolito per aprire un concerto _ è pur sempre una b side _ dei primissimi Oasis, ma probabilmente anche una maniera facile e“indolore” per esprimere soddisfazione per il nuovo corso artistico della sua carriera. Rispetto al disco d'esordio con gli High Flying Birds quel wall of sound che caratterizzava le prove della band di Manchester c'è ancora (praticamente impeccabile se non per una batteria leggermente alta rispetto agli altri strumenti). Il secondo pezzo è Mucky Fingers, un rock dall'aspirazione “dylaniana” tratto da Don't Believe The Truth. Dopo l'uno/due della band madre tocca al presente di Everybody's on the Run. Nonostante sia privata _ per ovvie ragioni _ di quell'epicità assicurata sull'album da un coro, ha comunque convinto il pubblico. Bene Dream On, ma ancora meglio l'hit If I Had a Gun cantata a gran voce da mezzo Alcatraz. A spezzare la “tirannia” in scaletta dell'ultimo album, Wonderwall nella versione di Ryan Adams e Supersonic in acustico. Poi è stata la volta di I Wanna Live in a Dream (In My Record Machine), vecchio demo riprodotto e tirato a lucido per il debutto in solitaria di The Chief. Dopo la dedica a Mario Balottelli su Aka...What a Life uno dei momenti migliori della serata: Talk Tonight. Altri due pezzi nuovi ed è la volta di Half The World Away preambolo a (Stranded On) The Wrong Beach che chiude la prima parte del concerto. Tempo due minuti e i musicisti sono nuovamente sul palco. Noel allora se ne viene fuori con una delle sue rispondendo al pubblico che da un po' richiedeva con insistenza The Masterplan (Volete sentirla? Bene, andate su I-Tunes, costa un dollaro). Alla fine, dopo Little by Little e The Importance of Being Idle il perfido divertissement di Noel che chiede (nonostante la scaletta sia chiusa e poco aperta a cambiamenti di programma) ai presenti di scegliere tra la già citata Masterplan o Don't Look Back in Anger che avrà la meglio chiudendo una serata da ricordare.