mercoledì 28 dicembre 2011

Chris Cornell: Songbook

Riappropriarsi del passato, di tutto quanto, senza censurare alcune parti della propria carriera, ripercorrendo un percorso talvolta tortuoso, ma dall'indubbio valore artistico. Songbook nasce da queste premesse, dalla volontà di ridurre all'osso gli orpelli su questi pezzi straordinari, resi ancora più magici dalla voce _ qui in grande spolvero _ del leader dei Soundgarden. Un disco dal vivo che da all'ascoltatore la possibilità di apprezzare la grande capacità interpretativa di uno dei migliori cantanti del rock di sempre. Sono molti gli indizi che portano a considerare Songbook un album con i contro "...". Uno su tutti la scaletta, ben bilanciata tra brani composti dalla band di Superunknown (le sempiterne Black Hole Sun e Feel on Black Days) e dagli altri gruppi in cui ha militato Cornell, Audioslave (I'm the Highway da brividi come sempre) e Temple of The Dog, ma addirittura le canzoni estrapolate dall'abominevole album con Timbaland (il punto più basso per uno come lui) suonano bene. E questo è un mezzo miracolo. Poche storie, ogni tre per due vien voglia di imbracciare una chitarra (si anche per un chitarrista scarso come il sottoscritto) per accompagnare idealmente il cantante di Seattle. Songbook dimostra come il repertorio sconfinato di Cornell conosca pochi punti di flessione: costellato di classici minori (Wide Awake, Doesn't Remind Me, All Night Thing) da a chiunque la possibilità di rivivere la biografia più o meno recente dell'artista in parallelo alla sua evoluzione nel processo di songwriting, anche in solitaria passando dal debutto di Can't Change Me a The Keeper unico inedito del live. Il nove lo portano in dote due cover: Thank You dei Led Zeppelin e Imagine di Lennon.

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