domenica 29 settembre 2013

Elvis Costello & The Roots: Wise up Ghost

Funk e pop a palate in Wise Up Ghost, per esprimere _ questo la visione di Costello _ il senso di precarietà del presente, l'idea che stiamo tutti ballando sull'orlo di un dirupo. Partendo da queste premesse concettuali, arriviamo ad altre premesse, stavolta temporali: la collaborazione tra Elvis e The Roots è stata una sorpresa. Miracoli da talk show. Nessuno si aspettava che l'ospitata di Costello al Jimmy Fallon Show _ dove la band di ?love è di casa _ potesse tradursi in un progetto discografico compiuto. Già l'idea iniziale, un ep per il Record Store Day, era bastata a stuzzicare i palati degli audiofili più esigenti. I nostri dopo averci preso gusto, hanno esteso la loro joint-venture, plasmando un album denso, un blocco omogeneo dove il cantautorato di Costello viene imbastardito dal groove metropolitano dei Roots. Umori notturni che nell'arco del disco sono (quasi sempre) volutamente inquieti. Una piacevole eccezione al mood generale è rappresentata da Viceroy's Row, caldo ossimoro tra modernità e retro-mania. In generale il sound di Wise Up Ghost è fieramente old school, ma poiché due mondi opposti convergono, il navigato songwriting di Costello (If I could believe) e la forza dei Roots, fabbricanti di beat e basi ritmiche più unici che rari (Walk Us Uptown), le rispettive carriere non potranno che trarne beneficio. Licenziato dalla Blue Note l'album regala anche un ipotetico super singolone: Wise Up Ghost è un numero di classe, tormentato e al contempo ammaliante nel suo incedere, meditabondo, tra archi e chitarre perfettamente bilanciati tra loro.

venerdì 13 settembre 2013

White Lies: Big Tv

Dall'otto abbondante elargito da Q al 4 _ una mazzata di recensione _ affibbiata loro da Uncut. Nel regno unito i White Lies viaggiano a corrente alternata con fan e detrattori divisi in maniera piuttosto netta. Per gli inguaribili ottimisti Big Tv è un esempio di post/new wave della miglior specie. Per tanti altri, invece, un disco iper prodotto, che raramente riesce ad emozionare e nasconde evidenti carenze compositive. A onor del vero l'album _ un concept basato sulle vicende di due giovani innamorati che, abbandonata la provincia, vanno a vivere in una grande città _ è sicuramente più omogeneo del precedente Ritual. Secondo il bassista Charles Cave, Big Tv è anche il capitolo più melodico della loro discografia, un tripudio di tastiere e orchestrazioni ambiziose. Ogni tanto i nostri escono dal seminato, evocando (l'abominevole) Simon Le Bon in Mother Tongue, ma quando si torna al post-punk degli esordi (There Goes Our Love Again) sembra tutto perfetto: quasi sempre nello scorrere della tracklist una melodia sostenuta apre ad un ritornello killer, che rimane impresso per la sua freschezza. Questi _ personalmente _ sono i White Lies che preferisco. I problemi, semmai arrivano con i brani più lenti: difficilmente riescono ad emozionare (ad eccezione di Change, “numero” del produttore dei Suede Ed Buller). In questo la distanza con i primi Editors o con gli Interpol c'è ancora. Un gap risibile nei mid tempo magniloquenti (Getting Even). Nel complesso, il tentativo di aggiornare ai giorni nostri la grandeur del rock di metà/fine Ottanta, unendo in un colpo solo atmosfere care a Simple Minds, Echo And The Bunnymen, Depeche Mode, Cars sembra abbastanza riuscito.
 

giovedì 12 settembre 2013

Senza le onde...

-Inchiniamoci al regista-


martedì 10 settembre 2013

lunedì 9 settembre 2013

Ripescaggi...

Ho preso, dieci anni dopo l'ultimo ascolto, Bridges to Babylon. Non so voi, probabilmente sono l'unico, ma trovo che sia il disco migliore degli Stones da Tatoo You (1980). Di acqua sotto i ponti ne è passata, poi  i pezzi cantati da Keith, Thief in The Night e How Can I Stop hanno uno groove clamoroso.


domenica 8 settembre 2013

What if...?

E quel clamoroso effetto Sliding doors...

giovedì 5 settembre 2013

Arctic Monkeys: AM

La storia è nota, prima il tam tam mediatico, il passaparola tra i fan sul web, poi un'attesa smisurata e al tempo del debutto, nel 2006 il botto: una vagonata di dischi venduti con Whatever People Say That's What I'm Not. Una bella rosicata per detrattori della prima ora, per chi riteneva i ragazzi di Sheffield solo un'anonima cover band degli Strokes. Fortunatamente i giorni di apprendistato/tributo finirono presto, per la gioia dell'indie albionico. Del brit pop vorticoso dell'inizio, questo AM conserva lo spirito, ovviamente contestualizzandolo ad un presente in cui i nostri sono _ finalmente _ padroni della materia a 360°. Potremmo paragonare la carriera delle Scimmie a quella di un pugile: l'esordio irruento favorito dall'effetto sorpresa, poi qualche battuta a vuoto (Favorite Worst Nightmare), la risalita, con un nuovo mentore (Josh Homme) e una dieta muscolare a pane e stoner che ha dato i suoi frutti desertico/psichedelici (Humburg e il successivo Suck It and See). Ora al quinto album gli Arctic Monkeys sono pronti per il assestare il colpo del ko. La missione riesce praticamente subito, bastano i 3' fuzzy di R U Mine? Un signor singolo. Dal punto di vista della produzione tout court non ci sono appunti da fare. In grande spolvero la vena compositiva di Turner, sempre più one man band. Gradevolissima la lennoniana No.1 Party Anthem. Sopravvissuti _ con intelligenza _ a gran parte dei colleghi in quella scena (indie)finita, hanno imbastardito con una vena brit/retrò alla Pretty Things (nel contestato video della tossica Why'd you only call me when you're high) il sound del desert rock (I want it all). Sembrerebbe quasi blasfemo unire i QOSTA ad Elton John (Snap out of It), ma l'esperimento funziona (come testato dai diretti interessati) e dopo Cornerstone (due album fa) con Mad Sounds Turner si candida a novello Weller. Infine il congedo con I Wanna Be Yours, quasi un omaggio ai Last Shadow Puppets. Può bastare?

mercoledì 4 settembre 2013

Riportando tutto a casa.

-Il blog riparte dopo il fisiologico break up estivo-
Perdonate l'assenza, caldo, ferie, mare, Grecia, impegni, pensieri, batterie da ricaricare, corse con i Metallica, i Prodigy nelle orecchie, esperimenti di convivenza, i miei Dakota Days. Perdonate tutto, I'm not missing, non mi troverete sul cartone del latte come i dispersi nel video di Coffee & Tv dei Blur. Sono tornato. Eccomi qui, a parlare/mi di rock'n'roll. A breve qualche piccola novità.