sabato 23 novembre 2013

Babyshambles: Sequel to the Prequel

Un lungo stand by discografico ci permette di (ri)collocare Pete Doherty nella dimensione a lui più congeniale _ con l'eco gossipparo di relazioni turbolente (Kate Moss) e rapporti burrascosi con l'antidroga, ormai lontano. Dalla giusta distanza l'ego bohemienne dell'ex Libertine ne esce ridimensionato, tanto che si fatica a capire il clamore suscitato dal precedente Down in Albion, disco tossico che oltre a Fuck Forever ha prodotto ben pochi sussulti. Stavolta abbiamo tra le mani un album piacevole e disteso. Che abbia finalmente trovato un equilibrio? Canta ancora con pigrizia, quasi trascinandosi le parole, come ai bei tempi, ma mancando l'impredibilità del prequel, il sequel risulta un pò telefonato. Ibridi tra Cure e Smiths, con rimandi ad un folk rock fin troppo rilassato, imbastardiscono (migliorandolo) il sound à la Doherty. Intendiamoci, brutte canzoni non ce ne sono, il tenore complessivo è sufficiente, con spunti interessanti, ad esempio l'inizio e il chours di Farmer's Daughter che poi si perde per strada. Sfruttare l'inerzia non sempre rende: non a caso l'aggettivo più usato da molti cybernauti su You Tube a corredo degli estratti dell'album è stato boring. Poi di cose che funzionano ce ne sono, penso al mood complessivo di Picture me in a Hospital, nonostante il ricorso a immagini stra usate. Tra le novità l'input americano di Nothing Comes to Nothing, vicina ai dischi solisti degli ex Replacements (Stinson e Westerberg). Più a fuoco del prequel ma sicuramente un sequel meno imprevedibile

mercoledì 20 novembre 2013

Nothing comes to nothing...

giovedì 14 novembre 2013

Sebadoh: Defend Yourself

Ad anni di distanza dall'ultima apparizione, tornano sui radar degli audiofili più lo-fi oriented i Sebadoh, progetto parallelo di Lou Barlow, fresco di reunion/tregua con J Masics nei Dinosaur Junior. Forse rispetto a questi ultimi _ defilati nel calderone grunge ma imprescindibili per il movimento alternative degli ultimi vent'anni _ i Sebadoh non avranno il tiro, privi degli assoli spaziali di Masics, bordate bulimiche di wah wah, eccessi chitarristici più unici che rari. Magari manca qualcosa nel confronto con la band madre (ad esempio in termini di complessità nel songwriting), ma stavolta Barlow confeziona, se non il lavoro migliore del gruppo, sicuramente il più equilibrato e se vogliamo, accessibile. Fieramente autoprodotti, i Sebadoh mancavano nel panorama indie attuale. Nessuna rivoluzione sia chiaro, ma una decisa crescita espressiva più che tecnica. Anche l'approccio, seppur nostalgico _ per la cronaca Beat è 4:19 di Seattle Sound _ non risulta fuori tempo massimo, ma si lascia apprezzare per il suo caustico finale. Oxygen, un inno alla spensieratezza, anticipa la strumentale Once: sicuramente sarà manierista, un esercizio di stile tra punk e lo-fi, ma mantiene alto il mood complessivo. Coadivato da Jason Loewnstein e dalla new entry Bob D'amico, Barlow conferma il suo stato di grazia con una serie di melodie sgangherate, toccasana per rilassarsi in spensieratezza e antidoto usato dal leader della band per esorcizzare un periodo difficile culminato con un divorzio (Let it out). Punk sul velluto per i Sebadoh, invecchiati come il buon vino.

sabato 9 novembre 2013

Let's go to Mantua!!!


giovedì 7 novembre 2013

Manic Steet Preachers: Rewind The Film

Scelgono un approccio più riflessivo e soft i Manics, abbandonando l'ottimismo di Poscards From a Young Man, regalano ai fan un nuovo _ ispirato _ capitolo nella loro ventennale carriera. Ridotto al lumicino il mood heavy guitar degli ultimi dischi (da Send Away The Tigers in poi), confezionano un disco melodico e malinconico. Perfettamente adatto per il grigiore autunnale, l'album dimostra ancora una volta la tendenza dei Gallesi a ripensare al passato. Se al centro della riflessione in Journal For Plague Lovers era il loro album fotografico (il disco in sostanza era un omaggio al desaparecido Richey Edwards) stavolta il gruppo spolvera vecchie polaroid, di gente comune, la working class subissata dalla rigida politica della Teacher (guardare per credere il video di Anthem For a Lost Cause, con le difficoltà dei minatori gallesi, inariditi da una difficile guerra tra poveri). Nicky Wire, lingua affilata e sagace è ancora una garanzia: oggi la componente combat dei Manics rimane _ sicuramente meno roboante rispetto ai giorni di Generation Terrorist _ nelle interviste e nelle intenzioni. E questo è il pregio più grande dei Gallesi, mai rinchiusi in una torre d'avorio, nemmeno negli anni del successo brit. Arrangiamenti acustici ricercati e melodie eleganti sono l'impalcatura di questo buon disco. Un capitolo dimesso, dove la rassegnazione e la stanchezza vengono dichiarate apertamente, in cui diventa impossibile sottrarsi al senso di nostalgia, malinconia, privazione. Esempi perfetti I Miss The Tokyo Skyline con la sua piccola partitura per archi, o il duetto sussurrato con Lucy Rose in This Sullen Welsh Heart, in cui il cantante James Bradfield vorrebbe alzare bandiera bianca ( I can’t fight this war anymore / Time to surrender, time to move on ) o quando ammette con onestà disarmante conflitti interiori (The hating half of me / Has won the battle easily) Non tutte le ammissioni sono vere: Running out of Fantasy oltre ad essere una bellissima canzone è una lieta bugia. Per fortuna.

mercoledì 6 novembre 2013

Jonathan Wilson: Fanfare

Dall'affollato cyberspazio di web zine si fa largo tra la folla un (almeno per il sottoscritto) illustre sconosciuto, tale Jonathan Wilson di cui (ahimé) non sapevo nulla. Peccato madornale, iperbolico, totalizzante. Lo ammetto. Sta a vedere che dal limbo esce fuori uno davvero bravo... il dubbio si trasforma in una certezza ascoltando Fanfare, ottimo disco fresco di stampa: la conferma dopo un debutto acclamato dalla critica specializzata. Un bel viaggio, un salto indietro nel tempo decenni addietro quando si registravano canzoni in presa diretta, con un'urgenza comunicativa quasi estinta al giorno d'oggi. Suoni vintage, tra folk, psichedelia Seventies ed un elegante attitudine rock, trait d'union del disco. A parte gli echi Floydiani in Lovestrong, il suono della West Coast, il suono della tradizione, si riverbera su un songwriting consapevole e smaliziato, segno che Wilson conosce a memoria la materia: potrebbe essere un profondo conoscitore di ogni singola nota suonata da CSNY. Un gioiellino, ricco di imperfezioni piacevolissime, come certe sbavature di wah wah o hammond. In termini di autenticità il disco risulta un gradino sopra la media, nessuna concezione a facili soluzioni, niente di “telefonato” per intenderci, ma una serie di divagazioni sul tema, gradevoli nella loro autenticità. L'inizio di Moses Pain, forse è stato scritto e riscritto centinaia di volte in passato, ma voce e chitarra riescono ancora ad emozionare senza fatica. Fanfare non è solo questo sia chiaro (ambito nel quale Wilson si avvicina alle vette di un certo Ellioth Smith), ma è anche un caleidoscopio dove trovano spazio ambiziose partiture per archi come in Dear Friend, 7 minuti jazzati a spasso tra deserti, canyon e galassie, ennesimo viaggio che si completa nel video omonimo.

lunedì 4 novembre 2013

Sprofondo Rossonero...

-Allegri: ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?-
Se volessi infierire sulla crisi del Milan di inizio stagione (l'ennesima) potrei fare un copia e incolla rispetto al post di un anno fa. Se volessi sperare nella rimonta bis dell'anno scorso _ al 95% meritata sul campo _  la butterei sul miraggio. Stavolta è davvero grigia. Una media da retrocessione, una difesa penosamente imbarazzante, una squadra costruita con le toppe, con gli scarti, accozzaglia last.minute di parametri zero senza arte né parte in cui si spende non poco, ma male _ parole di Barbara B. _ et voilà, il j'accuse allo zio Fester/Galliani è servito. 12 punti in 11 partite non è un'affronto, semplicemente un dato oggettivo. Mai nella storia la società ha vissuto un momento tanto delicato, con la stampa pronta a parlare di scontro generazionale tra la vecchia guardia e i giovani dirigenti che vorrebbero un deciso cambio di passo, un tournover, un'invesione di rotta. Chiedete al tifoso in ogni Bar Sport d'Italia. Le responsabilità non sono solo di Fester, ovviamente. Qualche colpo a sorpresa riesce ancora, ma non basta. Non è sempre domenica. Chi sembrava perlomeno decente un anno fa (Constant ad esempio) ora viaggia a 4 o 5 ogni giornata, mentre i top player come El Sharawy e Balotelli, sono spettatori di un tracollo preoccupante. In mezzo il condottiero Allegri, perfetto yesman senza personalità, senza un gioco, nemmeno nell'anno dello scudetto, il classico allenatore da provinciale prima incapace di gestire i rapporti con la vecchia guardia (Seedorf, Nesta, Gattuso, Pippo Inzaghi, Pirlo, un pò tutti lo hanno criticato) e poi incapace di dare un'impronta ai "suoi ragazzotti" come li chiama lui. Forse per mettere le mani avanti, consapevole della pochezza del materiale su cui lavorare. Verissimo, ma perché il Verona, ripeto il Verona  un gioco ce l'ha ed è la davanti? Impossibile che un club con alcuni buoni giocatori non riesca ad assesstarsi nella colonna sinistra della classifica. E allora vai pure a dire che conta il ranking caro Adriano, ma la storia è storia e conta l'oggi. E ai tifosi che vi avevano avvisato sull'inutilità di acquisti li davanti _ invitando il club a concentrare i pochi soldi disponibili per difesa e centrocampo (12 milioni per lo sterile Matri, più o meno quanto speso dalla Roma per l'ottimo Strootman a lungo corteggiato dal Diavolo) _ vaglielo a spiegare.
L'a.d.rossonero ha fatto i salti mortali, facendo l'impossibile per lasciare il Milan competitivo, ma la pecca più grande è l'assoluta fiducia in Allegri, l'uomo sbagliato al posto sbagliato. Giustissima allora la contestazione dopo l'ennesimo flop con la Fiorentina. Manca una linea, questo è il dato di fatto, manca un allenatore che sappia motivare il gruppo o almeno fare i cambi, manca la capacità di reagire, insomma manca una guida. A questo punto l'addio tra le parti è l'unico rimedio, Allegri deve andarsene, almeno per provare a invertire la rotta, dare una scossa alla squadra. Magari nell'attesa che palloni gonfiati (Niang), brocchi conclamanti (Zapata, Emanuelson, Mexes), schizofrenici (lo sprecone Binho) lascino definitivamente Milanello. Difficile in tempi di crisi, in cui l'unica esigenza è l'acquisto del parametro zero, in nome del bilancio. Ecco la divisione manichea: da una parte il raziocinio imposto dal Fairl Play Finanziario (con B.interessato più alle campagne acquisti delle Olgettine peraltro), dall'altra il cuore del tifoso. Un cuore che sussulta quando vede Kakà metterci l'anima, quando lo vede esultare dopo il magnifico gol con la Lazio e che si deprime per un Balotelli moscio, mentre il Faraone diventa sempre più oggetto misterioso. Testimonial per un noto snack ( a questo punto infausto) El Sharawy è l'istantanea di questo Milan: “E' proprio quando non va _ dichiara nello spot _ che devi riprovarci, perché in campo non sei mai da solo! E vedrai, che la palla che aspetti, arriva anche all'ultimo minuto!” Certo, ma se Matri o Niang sbagliano a porta vuota...



domenica 3 novembre 2013

Jane's Addiction: Another Soulmate

-Qualcosa si muove in casa Jane's-



Interessanti novità per i Jane's Addiction: la band di Los Angeles ha pubblicato sul suo canale ufficiale You Tube Another Soulmate, inedito che si riprende dall'involuzione recente (The Great Escape Artist per intenderci...). Ragazzi, ma quando passate in tour in Italia?????

venerdì 1 novembre 2013

Soundgarden: King Animal ad libitum

-Ritorno di prepotenza nel mio stereo -

 
Sto disco mette bene... chiedete anche al buon Letterman che ne pensa... ripescatelo va!