giovedì 27 febbraio 2014

The Replacements: Let It Be

Dal vivo potevano essere la peggiore o la miglior band del mondo. Potevano incendiare il palcoscenico mandando in visibilio i presenti oppure entrare in scena mosci e svogliati, fregandosene dei fischi, delle critiche, di tutto. Genio e sregolatezza ( quella in abbondanza...). Per la loro attitudine, e grazie a un repertorio in grado di giocarsela _ tanto per fare nomi _ con Husker Du e Minuteman, i Replacements si imposero come band cult nel circuito dei college americani. Dal proto-harcore degli esordi ( estrinsecato nel geniale lp Sorry Ma, Forgot to Take Out the Trash) a quell'ibrido di punk country e alternative degli anni belli. Metà ottanta: il periodo d'oro, con l'accoppiata Let It Be e Tim, album clamorosi rilasciati a pochi mesi di distanza. Nella scelta di “prendere in prestito il titolo dell'album” dai Fab 4 la prova che la strafottenza degli esordi c'è ancora, forse nel 1984 era meno sguaiata, ma ancora maledettamente efficace. Westerberg, accompaganato dai fratelli Stinson (il compianto Bob e Tommy, attuale bassista dei “nuovi” Guns) e dal drummer Chris Mars urla ancora come un ossesso come in We're Comin out, che più punk non si può, e parla di frustrazioni adolescenziali, rabbia, sconfitte, divertimento, regalando una manciata di canzoni da tramandare ai posteri. Dalla dolcezza di Sixteen Blue, all'energia di Tommy Gets his Tonsils Out, dedicata al più giovane componente della band. Fregandosene di logiche commerciali, si avventurano _  non senza rischi _ imbastardendo Black Diamond dei Kiss. Let it be regala 11 canzoni che testimoniano la crescita nel songwriting di Westerberg (Androgynous classico dimenticato per voce e piano), mentre Unsatisfied, nella sua onesta fragilità, è l'emblema di chi vuole arrivare al punto, in primis con se stesso. Una resa magnifica e indignata _ anche_ nel nome del rock .

venerdì 21 febbraio 2014

Aerosmith: A Little South of Sanity

-La benzina costa troppo #ripescaggi #gran disco #weekend -

mercoledì 19 febbraio 2014

Soundgarden: Superunknown

Il germe di Superunkonw _ classico imprescindibile nell'epopea grunge _ è Spoonman, brano inserito nella colonna sonora di Singles, (discutibile) film del '92 diretto da Cameron Crowe e ambientato a Seattle, con una colonna sonora _ giocoforza _ strepitosa. Rielaborando un bel riff di hard rock Cornell e soci si sono superati: un'impresa, considerando l'eredità di Badmotorfinger. Alla quarta prova in studio i Soundgarden hanno definitivamente raggiunto l'apice della loro carriera. Dopo, reunion a parte, solo il colpo di coda di Down On the Upside, un testamento sonico più schizoide ma decisamente meno incisivo. Superunknown, concentrato sublime di hard rock, psichedelia, orientalismi e affini si apre con Let Me Drown, una botta d'adrenalina sorretta dai riff incendiari di Kim Thayl. Dopo la parentesi heavy di My Wave, il blues di Seattle di Feel on Black Days _ immancabile in ogni concerto _ sofferto emblema dello spleen del cantante. Mentre Mailman rallenta i battiti, ibernando il drumming di Matt Cameron sotto una cappa densa di heavy metal (l'influenza dei Sabbath e dei Led Zep è innegabile), coltre che si dissipa per una manciata di secondi nel riuscito chours. In ogni episodio Cornell regala interpretazioni perfette, urlando la propria rabbia (The Day I Tried to Live). In questo senso Limo Wrech è una prova di forza incredibile, con una maestosità malata e disturbante innegabile. Tra gli episodi meno incendiari, Like Suicide una seducente suite di 7 minuti, un sinistro crescendo culminato con un assolo di rara bellezza, o 4th of July, ballad nera intrisa di disperazione e sofferenza, mentre Black Hole Sun, per cui non servono presentazioni, diventerà il pezzo più famoso dei Soundgarden.

mercoledì 12 febbraio 2014

Dio ci deve delle spiegazioni: ciao Freak!

-Sono un ribelle, mamma-

Pronto, passami la mamma
lo so che è ancora sveglia nella stanza
sono le quattro del mattino
avrei bisogno di parlarle un attimino

 

Sto bene, non è un incidente
guarda, mamma, non mi è successo niente
stanotte non torno li a dormire
resto fuori, non c'è niente da spiegare

 

Giuro, non è per farti male
dormo fuori, non farmela pesare
c'è un posto qui a casa degli amici
parla forte, non capisco cosa dici

 

Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza

 

Ci vediamo, torna pure a letto
domani arrivo, okay te lo prometto
e per favore stira la maglietta
c'è un concerto, mi serve quella rotta

 

Ricorda di comprarmi dei calzini
fai mettere le borchie ai pantaloni
ho il pullover e la giacca di pelle
non ho freddo e sono un ribelle

 

E va bene, non ho niente nella testa
può anche darsi, però adesso basta
sono un ribelle, l'ho deciso
e non m'importa di essere capito
 

 Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza

 

Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma
Sono un ribelle, mamma




ps: Mi ricorderò sempre la mia intervista a Freak Antoni, il leader degli Skiantos di qualche anno fa... ribelle anche lassù, sicuro! Una persona BUONA. 

martedì 11 febbraio 2014

Beck: Morning Phase

Alla fine Sea Change saltava sempre fuori. Che facesse uscire nuova musica esclusivamente sotto forma di spartito, che remixasse se stesso (Guerolito) quel disco era sempre li. Ed ora Beck ci è ricascato! Un lustro dopo il bel colpo di Modern Guilt (andate a ripassarvi Gamma Ray please!) ha richiamato all'ovile i musicisti che fecero la fortuna del suo album più acustico e malinconico: Justin Meldal-Johnsen, Joey Waronker, Smokey Hormel, Roger Joseph Manning Jr. e Jason Falkner sono tornati al fianco di Beck  nelle registrazioni di Morning Phase. La partitura d'archi di Waking Light, gli arrangiamenti del pezzo, la sua struttura e i tocchi al pianoforte cadenzano un brano “cinematico” e vintage all'inverosimile (me lo immagino in un film di Sofia Coppola, non chiedetemi il perchè, ma se Lost in Translation avesse un “secondo atto” questa di diritto dovrebbe entrare nella soundtrack ufficiale). L'aver centellinato le uscite discografiche nell'ultimo periodo (a parte un paio di singoli “autonomi” e slegati da progetti artistici di più ampio respiro) ha fatto bene al looser dei Nineties, mai prolisso o scontato, pur seguendo _ anche se a zig zag come da copione per uno come lui _ strade già percorse da altri, rotte sonore che sanno di West Coast, tradizione, ma dalle quali è difficile sottrarsi (Blue Moon). Un ritorno ormai inaspettato per i molti fan che vedevano il mare suonato e raccontato da Beck solo come una bella cartolina un po' sbiadita, datata 2002. L'ennesima trasformazione a cui tutti noi dovremmo essere grati. Questo commento pescato su You Tube è “definitivo”: “Beck has dabbled in more musical genre’s than Keith Richards has sampled illegal narcotics." Nient'altro da aggiungere.

lunedì 10 febbraio 2014

The Rolling Stones: Black And Blue

-Vinile in edizione originale (del '76) degli Stones: grazie del regalo zio!!!-


lunedì 3 febbraio 2014

Pharrell Williams: Happy

-Nel suo, Pharrel Williams non ne sbaglia una-