mercoledì 4 gennaio 2012

Amy Winehouse: Lioness, Hidden Treasures

Our Day Will Come è, dall'inizio alla fine _ per i suoi 2 minuti e 46 secondi totali _ perfetta. L'unica testimonianza tangibile, compiuta e finita di quanto Amy avesse in mente per il post Back to Black best seller mondiale. Voleva un disco vagamente dalle atmosfere in levare, nuovo background sul quale innestare la sua voce, incredibile. Una capacità interpretativa unica, ma oggetto di infiniti tentativi di imitazione (specie in Italia, dove talent show di plastica proponevano, giusto due o tre anni fa vergognosi e imbarazzanti cloni). A causa della sua prematura scomparsa, il mosaico non ha preso mai forma, lasciando ai fan di mezzo mondo un pugno di mosche. Almeno fino alla pubblicazione di questo disco postumo. Lioness: Hidden Treasures, pur non essendo per definizione e genesi il "vero" terzo album della tormentata soul singer è quantomeno un testamento artistico dal grande valore, un'eterogenea panoramica sul suo tormentato percorso artistico dell'ultima iscritta al club dei 27 (assieme a lei Kobain. Morrison, Jones, Hendrix...). Si va dalla cover di The Girl From Ipanema, prima canzone suonata a un produttore nel 2002 (quindi ben prima del debutto pop jazz di Frank), all'ultimo brano inciso in studio nella sua vita, Body and Soul, duetto con il crooner Tony Bennet. In mezzo una manciata di cover, versioni alternative e altre outtake. Tears Dry, rallentata, ha lo stesso incedere di Love Is A Loosing Game. La minimale Wake Up Alone, registrata al volo è l'altra faccia della strutturata Like Smoke duetto con il rapper Nas, il Mr.Jones del secondo album: un cerchio che si chiude, in maniera perfetta, ma nel peggiore dei modi.

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