giovedì 20 maggio 2010

Mike Patton: Mondo Cane

Mai mi sarei aspettato di ascoltare con piacere vecchie canzoni italiane che al massimo arrivano agli anni '60, roba da archeologia, da archivi Rai tutt'al più. Invece questo straordinario patrimonio musicale è stato riscoperto da Mike Patton, che ne ha fatto un disco fresco, leggero e tecnicamente inapputantabile. Forse l'unico modo rimasto per dribblare la legittima ritrosia dei più giovani ad approcciarsi alla musica leggera di tanti anni fa (di certo migliore rispetto a quella odierna). 11 brani, dove eccezion fatta per l'arcinota Il cielo in una stanza abbiamo tra le mani gemme nascoste che il cantante californiano, alla luce di una conoscenza musicale quasi sconfinata ha scelto di recuperare e far rivivere con l'aiuto della spalla Roy Paci e soprattutto dell'Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini diretta dal Maestro Aldo Sisillo. Un affresco della musica italiana del primo 900; con Scalinatella (Murolo) anche la canzone napoletana trova la sua giusta collocazione, quale fulcro di arte e cultura: se in tutto l'album l'italiano di Patton risulta credibile e non risibile (è sposato con una ragazza emiliana) in questa canzone l'ex Faith No More padroneggia senza problemi il dialetto del sud. C'è lo swing di 20 Km al giorno (Arigliano) e di Che notte (Buscaglione), il pop più arioso de L'uomo che non sapeva amare (Mogol). La palma di migliore interpretazione è contesa tra Deep deep down (Morricone) e Urlo negro (dei Blackmen, un oscuro gruppo anni '60 italiano) con un cantato metal e bello aggressivo che sfocia in un ritornello beat della miglior specie. Mike Patton ha sfornato uno dei migliori dischi italiani dell'anno. Fa effetto no?

Nessun commento: