
Forse non sarà uno dei migliori live del decennio, come trionfalmente dichiarato dalla loro label,e nemmeno un disco capace di convertire orde di fan al culto del duo di Detroit. Di sicuro c'è che questo
Under Great White Northern Lights non è neppure un live di quelli ripuliti in studio (con "l'aggiuntina" di finti applausi) e questo è un bene. Perchè mostra sul serio le doti (più di Jack) e i difetti (chiedete a Meg) dei nostri, chini sugli strumenti a macinare vecchio rock'n roll da parecchi anni ormai, come Dio (o la sua diabolica nemesi) comanda. Dalla loro ascesa il music biz è cambiato profondamente, riscoprendo le proprie radici tra torridi blues e micidiali riff di rock n roll. Se può risultare facile per le schiere di cloni replicarne il sound, è pressochè impossibile ribattere con altrettanta efficacia alla loro iconografia. Un mondo in apparenza ristretto e bizzarro: visivamente (nel guardaroba solo abiti rossi, neri o bianchi) e stilisticamente, con White "limitato" dalle amnesie della collega dietro la batteria che fa di necessità _straordinaria_ virtù. Capacità interpetativa, presenza scenica, chitarre sfibrate (
Ball & Biscuit) percosse compulsivamente, e una voce che non si vergogna di azzardare e sbagliare. Il risultato è manna dal cielo per gli amanti del genere a partire dalle cornamuse (?) nell'iniziale
Let's shake Hands, buttate via a tempo di record dal frontman urlante e rimpiazzate da un'interpretazione nervosa e superba,(idem per
Black Math). Gli anthem ci sono tutti, a partire dalla schizofrenia di
Blue Orchid passando per
Icky Thump e
Seven nation Army, che non è _vivaddio_ riducibile solo all'onnipresente
popopopo... post mondiale 2006 (come crede qualche sprovveduto) ma è uno dei migliori riff di sempre.
2 commenti:
Un live che li propone come sono realmente live, un magma!
Bel blog! ti seguo :-)
Grazie Alessandro! Ho dato una sbirciata al tuo blog, vale lo stesso per me!
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