mercoledì 7 luglio 2010

The Black Crowes: Shake your money maker

"What's so bad about the Black Crowes?" Con questo titolo l'edizione americana di Rolling Stone presentava al mondo il fenomeno dei Corvi di Atlanta. Si, fenomeno: l'appellativo non è affatto esagerato alla luce dell'esplosiva miscela di rock'n roll, blues e soul che ha accompagnato un esordio cristallino. Il periodo psichedelico della band era ancora lontano e nemmeno abbozzato nel 1990, al tempo di questo debut album ricco di hit: a partire dalla cover di Hard to Handle di Otis Redding al rock sbarazzino di Thik 'n thin. Anche gli altri singoli non scherzano: la stonesiana Jealous again, oppure Twice as hard, esempi perfetti del miglior rock americano. Ai tempi i "fratelli coltelli" Robinson non erano ancora ai ferri corti e nonostante una tensione che, di album in album sarebbe aumentata a dismisura fino al punto di rottura nel 2000, erano capaci di incastonare gemme acustiche come la dolce She talks to angels tra le pieghe di brani vivaci e grintosi. Se col tempo i Black Crowes si sono lasciati suggestionare prima dagli Zeppelin e più recentemente dai Lynyrd Skynyrd all'inizio di carriera i nostri guardavano agli Stones: Chris Robinson, cantante smilzo fece riviere il personaggio ideato da Jagger anni prima, con la differenza di una voce roca e soul molto simile a quella di Rod Stewart dei Faces. Shake Your money maker è a conti fatti la rivincita del rock old school, anni '70, sporcato dall'hammod e da riverberi di soul music, la tradizione "nera" che rivendica la propria essenza nonostante il mondo alternativo guardi altrove, magari al grunge. Senza ombra di dubbio uno dei migliori album degli anni '90, equamente bilanciato tra esuberanza (Struttin' blues) e momenti melancolici come quelli offerti da Sister Luck e soprattutto Seeing Things.

Nessun commento: