giovedì 22 luglio 2010

Tom Petty & The Heartbreakers: Mojo

Questo disco sta a Tom Petty come The Rising a Bruce Springsteen: il comeback dopo tanti anni con la sua combriccola, quegli Heartbreakers che come gruppo di classic rock a supporto di un solista sono stati secondi solo al Boss e alla sua E Street Band in stato di grazia, come documenta il sontuoso live album uscito a inizio 2010. Ora, date le coordinate "emotive" è giusto soffermarsi su quelle prettamente musicali: bandita la pulizia sonora di certi studio Lp (stiamo parlando di un disco registrato in presa diretta e non stravolto da sovraincisioni) Petty naviga con convinzione e profiquamente sulle torbide e paludose acque del Missisipi. E va detto, il blues che c'è in Mojo è tanto e di ottima fattura. Come la sua visione di rock: inequivocabilmente d'altri tempi. I 4 minuti scarsi di I should have known it sono debitori esclusivamente ai riff magici e immortali di un certo Jimmi Page, ottima soluzione su cui si poggia tutta la struttura di un brano che accellerando nella parte finale si candida ad essere una presenza fissa nelle scalette dei concerti futuri. I meriti sono del sottovalutato Mike Campbell guitar hero del combo. Jefferson Jerico Blues invece aggiunge alla ricetta sentori di boogie woogie. Lover's touch rallenta un pò, senza brillare troppo per originalità. Piacevole e nulla più don't pull me over, in cui Petty gioca a suo modo con il reggae. Mojo si risolleva senza problemi dai due (parziali) tiri a vuoto con Something good coming con il suo messaggio ingenuo di speranza e rivincita e la dolce No reason to cry. Dylan ha bussato alla porta di Petty anche per U.S. 41 (più lenta rispetto a Subterrean homesick blues) che partendo chitarra e voce si arrichisce di armonica, riff slide e del contributo di ognuno degli Heartbreakers. Insomma uno dei migliori dischi del panorama classic rock dell'ultimo periodo.

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