giovedì 2 settembre 2010

Led Zeppelin III

Led Zeppelin III ambiva ad essere perfetto, esattamente come il rispettivo numero di serie, che ha accompagnato di volta in volta _per 4 uscite_ altrettanti dischi eccellenti a partire dal debutto del 1969. Led Zeppelin III, penultimo capitolo della saga, è stato il preambolo per il maestoso number 4 (quello con Stairway to Heaven) o "Zoso" come lo avrebbero ribattezzato poi i fan più accaniti del dirigibile. Messa in secondo piano la sua Gibson Jimmy Page e soci _in cerca di ispirazione per il nuovo album_ si sono barricati in un cottage del Galles, nelle sperdute campagne di Bron-Y-Aur. Per superare Whole Lotta Love e The Lemon Song, per superare quegli immortali riff servivano trame folk, dolci e suadenti. Inaspettate. Ecco, il valore di questo album risiede nell'aver dimostrato di avere un altro linguaggio, se vogliamo una marcia in più rispetto all'illustre concorrenza del periodo (Black Sabbath e Deep Purple). Melodie liquide, nelle quali le chitarre assecondano la voce di Robert Plant (che sul numero di questo mese del magazine inglese Mojo ha definito troppo stressante il concerto reunion all'arena O2 di Londra, mettendo di fatto la parola fine a velleitari tour d'addio) qui più sussurrata che in altri episodi della loro discografia. Più del divertissement di Bron-Y-Aur Stomp (un country old school) si lascia ricordare Tangerine con la sua falsa partenza e la seguente That's The Way, mentre Friends contiene spunti orchestrali che saranno approfonditi in Physical Graffiti. Hats of to (Roy) Harper (omaggio ad un vecchio chitarrista idolo della band) va collocata nella casella degli esperimenti, con Page che sfregia le corde del proprio strumento e la voce di Plant, effettata, da un altro pianeta. Decenni dopo un'altro Harper (Ben) prenderà appunti di stile, ispirazione e tecnica. Il rock rimane sottotraccia e affiora in pezzi storici come Immigrant Song e Celebration Day , brani più calibrati rispetto alle vecchie hit al fulmicotone. Out On Tiles rinvigorisce l'anima "heavy" del disco, anticipata dal più languido blues della prima vita degli Zeppelin: Since I've been loving You.

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