sabato 8 ottobre 2011

Kasabian: Velociraptor!

Let's roll just like we used to: Morricone, Stones, The Last Shadow Puppets, Kula Shaker. Da subito, dall'iniziale opener dopata di rimandi e citazioni si capisce cosa rappresenta nel colorato immaginario del gruppo il Velociraptor invocato nel titolo, una creatura furba, vagamente paurosa e famelicamente pericolosa. In pochi minuti la band britannica fonde fiati da spaghetti western, un ritmo orientaleggiante (matrice di Stones e Kula Shaker) e un arrangiamento d'archi che sembra uscire dal primo disco dei Last Shadow Puppets, side project in chiave retrò di Alex Turner. Onnivori. Se Days Are Forgotten, secondo pezzo in scaletta è quello più smaccatamente classico e riconducibile alla rodata formula ideata da Sergio Pizzorno, Velociraptor!, title track posizionata a metà dell'album, è indubbiamente il capitolo più ispirato, ballabile, cita Prodigy e Primal Scream, Stone Roses. Acid Turkish bath, ballata indolente e orientaleggiante, rimane impressa per il sitar e per quella somiglianza alla lontana con Kashmir, classicone del dirigibile di Page e Plant. Poi la ballabile I hear voices (chi sarà il primo dee jay a giocare con questo pezzo?) ci ricorda cosa sanno fare i Kasabian con l'elettronica. Un filone che prosegue alla grande con Re-wired, assieme alla title track il momento più ispirato e felice di questo album. Partendo dal presupposto che West Ryder rimane il capolavoro assoluto della band capitanata da Tom Meighan e Sergio Pizzorno (autore di ogni singola nota e parola), Velociraptor!, seppur un gradino sotto, rimane un ottimo esempio di scommessa vinta, conclusasi alla grande con l'epitaffio finale rappresentato dalla distesa Neon Neon.

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