giovedì 24 maggio 2012

Brendan Benson: What Kind of World


Quasi in contemporanea sono usciti i rispettivi dischi solisti di Benson e White, mente e anima dei Raconteurs (per chi non lo sapesse o semplicemente non ricorda: Steady As She Goes...). Se nella prima avventura in solitaria White ha scombussolato le carte del suo rock con robuste dosi di country e blues, qui, nell'ultimo disco del sodale nei Raconteurs è la melodia a farla da padrone. Meno ostico e più a fuoco di Blunderbuss, questo lavoro consegna al pubblico un artista consapevole della propria forza, declinata attorno al ricerca della perfetta canzone pop (a portata di mano in No One Else But You). Bad For Me, ne è l'esempio più evidente, con un ritornello che cita (non del tutto pretenziosamente) Elton John. Mica male. Di riflessioni dietro a un progetto di questo tipo, se ne potrebbero fare a bizzeffe e tutte piuttosto malinconiche: artisti completi come Brendan Benson rischiano sempre di più di passare in sordina, coperti dall'abbondanza (ormai quasi patologica) di uscite del genere. Un genere inteso nella sua incarnazione più nobile, che diventa “power” in ossequio alla migliore tradizione dei Nineties (Here In The Deadlights). Il capitolo più ambizioso del progetto è Pretty Baby, ossimoro “antico-moderno” tra la western song perfetta e un drumming meno “retrò” delle apparenze. Altri punti a favore di What Kind of World sono The Light Of The Day, che leviga le asperità dei Black Rebel Motorcycle Club e Happy Most of The Time, omaggio ai momenti più ispirati dell'ex Replacemtents Paul Westerberg.

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