giovedì 28 febbraio 2013

Black Rebel Motorcycle Club: Specter at the Feast

Specter at the Feast: lo spettro, invocato nel titolo altri non è che il padre di Robert (mentore della band e componente dei Call negli anni Ottanta), scomparso nel 2010. La rielaborazione di un lutto, la voglia di celebrare la figura di Michael Been, padre del bassista: un cerchio che si chiude a livello umano e di riflesso sul piano musicale. L'album si apre con gli armonici di Fire Walker, tono sommesso per Robert Been e miglior viatico per immergersi nella atmosfere rarefatte del disco (Some Kind of Ghost), che per la cronaca, è un signor disco. Più misurato rispetto al precedente (e nonostante tutto più felice e consapevole), sintetizza un percorso non privo di battute d'arresto, magari dalle alterne fortune, ma sempre il linea con il loro credo sonico. Non a caso i BRMC cantavano fieri “I gave my soul to a new religion, whatever happened to our rock and roll." In questa versione Let The Day Begin, cover dei Call, ricorda per stile chitarristico le intuizioni di The Edge. Returning, intrisa di malinconia è un estremo emozionante saluto, così come il gospel di Sometimes The Light, tra gli slow migliori dei nostri. Specter at the Feast _ ispirato al dramma shakespeariano Macbeth _ ripropone, con maggiore sobrietà il meglio della carriera della formazione americana. Stavolta però i riverberi shoegaze, la psichedelia à la Jesus and Mary Chain non monopolizzano la scena: semmai è il mood del capolavoro Howl a essere predominante con le sue venature folk/blues ( basta Lullaby, la 4° canzone per la conferma: mio disco dell'anno). Il R'n'R selvaggio non manca: il trittico Teenager Disease, Rival e Hate The Taste in concerto farà sfracelli. Pelle d'oca per Loose Yourself: evento più unico che raro al giorno d'oggi.

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