giovedì 30 gennaio 2014

James Vincent Mcmorrow: Post Tropical

Dischi del genere, dove il canto è un sussurro si reggono sui dettagli. Vivono di dettagli. E una buona produzione molto spesso non basta. Occorre una ricerca _ totalizzante _ del suono, un lavoro sugli arrangiamenti. sulle trame della canzone e la metrica costante e preciso, puntuale. Citare, in un'epoca in cui tutto è post (direbbe il noto critico musicale Simon Raynolds) è inevitabile, plagiare poi è un rischio sempre dietro l'angolo. Non esistessero Bon Iver e James Vernon, chiunque parlerebbe di Post Tropical in toni entusiastici. Non conoscessimo la girandola di emozioni e sfumature proposte dagli illustri predecessori di James Vincent Mcmorrow, grideremmo al miracolo. Purtroppo non è così. Tralasciando inappuntabili, quanto sterili, precisazioni cronologiche e soffermandosi esclusivamente sulla musica, sui suoni beh... rien à dir: Post Tropical è una carezza lunga 10 canzoni. Minimo comun denominatore a questi pezzi l'atmosfera intima, che permea un mood riflessivo, mai intriso di una malinconia glaciale e fredda. Un mondo immaginato e dipinto con acquerello (bellissimo il disegno in copertina), scandito dalla delicatezza del falsetto di McMorrow. Ogni brano offre spunti diversi, partendo dal singolo apripista Cavalier, al battito hip hop che scandisce Red Dust passando attraverso ai fiati di Gold o alle note pizzicate di All Points. La title track prosegue nel solco del miglior pop.

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