
Bringing it all back home oltre ad essere un titolo nell'interminabile discografia di Bob Dylan è anche, oggi, la necessita dei gallesi Manic Street Preachers di riportare tutto a casa. Chiudere il cerchio, ammesso che ciò sia possibile, con un remoto passato in cui i membri del gruppo erano 4, e Richard Edwards era chitarrista e pietra angolare del suono grezzo e alternative che incendiò l'Inghilterra con album immediati e ispirati come The Holy Bible. Dal 1995, ovvero da quando scomparve nel nulla uscendo da un hotel di Londra di prima mattina sono cambiate parecchie cose, l'attitudine dei colleghi però è rimasta la stessa, un misto di follia e coerenza musicale sempre più rara nel music business. Questi Manic Street Preachers flirtano con un rock diretto e incisivo, meno levigato rispetto a quello su This is my truth tell me yours del 2000 o all'ottimo Send Away the tigers di un paio di anni fa. Il grande valore di questo disco sono i testi che ha scritto lo scomparso Edwards e su cui gli amici hanno imbastito le musiche. Facing Page:top left è chitarra e piano e non suona ruffiana ma come una sincero omaggio, forse appena abbozzato ma di sicuro valore. La successiva Marlon J.D. è l'altra faccia del sound dei Manics che diventa granitico in All is vanity. La conclusiva William's last words, allunga la serie di titoli oltremodo lunghi e arditi. Per chi volesse approfondire, è presente anche un cd con i demo originali. Consigliatissimo, perché inquieto come l'autore dei testi dichiarato ufficialmente deceduto nel 2008.