giovedì 7 ottobre 2010

Manic Street Preachers: Postcards from a Young Man

I Manics, una delle band più amate d'Albione ritornano in pompa magna ad un anno di distanza da Journal For Plague Lovers, ennesimo capolavoro di una carriera ormai ventennale. Stavolta però non c'è traccia di quella straniante e meravigliosa inquietudine che i gallesi avevano trasformato in musica ispirandosi ad alcuni testi incompiuti di Richey Edwards, ex compagno di band. Quelle riflessioni amare e disilluse non sono contemplate _almeno ad una prima lettura_ nelle liriche e nel sound del nuovo album. Un lavoro che semmai ricrea e fa rivivere _14 anni dopo_ la magia e la svolta melodica di Everything Must Go e in cui la parola d'ordine è pop. D'altronde, l'ha detto anche il bassita Nicky Wire in una intervista al magazine Q: "Postcards from a Young Man è un ultimo tentativo di fare comunicazione di massa. Come se fossimo ancora nei '90s." Un sound pulito ed etereo caratterizzato _nella maggioranza dei brani_ da un forte ricorso ad archi e violini che puntualmente irrompono prima di ogni ritornello ad addolcire il mood delle canzoni. L'inizio è di quelli che prendono davvero bene, con un filotto di pezzi da ricordare, a partire da (It's Not War) Just The End of Love, (quintessenza della verve mainstream dei gallesi), passando per la title track, senza ombra di dubbio il momento più alto di tutto il progetto. Some Kind of Nothingless rischia un pò con un coro gospel che fa molto Queen, mentre The Descent porta in dote un'altra meravigliosa melodia. La prima battuta a vuoto arriva con I Think I Found It Out, una divagazione poco incline all'anima dei Manics, abbruttita da un mandolino a dir poco inutile. Sul finire l'anima pop di Postcards da un pizzico di gloria al rock di A Billions Balconies Facing The Sun (in cui suona l'ex bassista dei Guns Duff McKagan). Ultimo capitolo da ricordare l'enfatica All WeMake is Entertainment.

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