giovedì 9 dicembre 2010

Bad Religion: The Dissent of Man

Prendete un pezzo qualsiasi estrapolato da The Dissent of Man, per esempio The Devil in Stitches per capire che aria tira in casa Bad Religion oggi: la band è in forma, felice per i tanti successi maturati in 30 anni di carriera e più matura e consapevole anche grazie a sporadiche battute a vuoto (il riferimento è allo scialbo disco del 200 licenziato da Sony e intitolato The New America) che in prospettiva hanno fatto solo bene. Esattamente come l'approdo nella scuderia della Epitaph, label che ha fatto grande il punk rock negli anni '90. E qui i meriti "del ritorno a casa nella dimensione più congeniale per questa band californiana sono tutti per Brett Gurewitz compositore della band, chitarrista e apprezzato produttore discografico che in passato ha collaborato con Nofx, Millencolin e Rancid, nomi grossi. A voler fare le punte agli spilli dopo l'ascolto dell'ennesima fatica della formazione americana si potrebbe dire che rispetto all'immediato passato di New Maps of Hell forse si è perso un pizzico di mordente, sacrificato in nome di una varietà più marcata. Per carità, il ritmo è sempre protagonista in ogni passaggio del disco e non si può certo parlare di appannamento, visto che a momenti più "leggeri" si alternano le consuete bordate (The Resist Stance) cui questi padrini dell'hardcore melodico ci hanno abituato da lustri ormai. Nonostante l'abuso che il punk ha fatto del concetto di rivolta e ribellione i Bad Religion riescono a instillare il concetto negli ascoltatori in maniera sincera, dimostrando come il loro non sia mestiere ma una passione autentica al 100%, vedi Someone to Believe. Niente di nuovo sotto il sole della California: solo la certezza, confermata dall'ascolto di questo disco, di avere tra le mani un prodotto sincero, immediato e assolutamente vero, che non fa mistero dei suoi difetti ma piuttosto li tramuta in punti di forza.

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