venerdì 15 luglio 2011

Weezer: The Green Album

“Torniamo all'antico e sarà un progresso”: con questa frase _ inserita all'interno dello striminzito booklet del Green Album _ i Weezer hanno riassunto tutte le puntate precedenti della loro carriera: l'esordio con l'omonimo disco (il blu, quello di Buddy Holly, Undone e Say it isn't so) e il “difficile secondo album”: lo splendido Pinkerton. Una tappa travagliata quest'ultima, che ha quasi messo la parola fine alla formazione americana, mai così vicina allo scioglimento (per fortuna scongiurato). Da li a poco ci sarebbero stati altri cambi di line up (il bassista Mikey Welsh lascerà presto per problemi di salute) ma nulla a confronto con gli scossoni del periodo 1997/2000. Il “ritorno all'antico” della formazione di Los Angeles parte dalla grafica: rispetto al debutto cambia il colore, ma la copertina _ che immortala la band su uno sfondo colorato _ è praticamente la stessa, riaggiornata di qualche anno. Il sound _ un robusto power pop punk _ non presenta grossi scossoni, eccezion fatta per l'arrabbiata Hash Pipe, scelta dalla band come singolo apripista del lavoro, nonostante la richiesta della Geffen di puntare sulla scanzonata Don't let go. Bella anche Island In The Sun (con il video firmato da Spike Jonze). Di un altro livello Simple Pages, ennesimo esempio dell'abilità di scrivere di Rivers Cuomo, capace di incastrare alla perfezione le parole tra gli accordi power e le trame di chitarra che costituiscono il 90% del wall of sound dei Weezer. In questo senso il wah wah di Crab è una garanzia. La chiusura in bellezza con lo spleen di O Girlfriend, meravigliosamente triste. Il Green Album è l'ultimo disco da avere dei Weezer, e chiude al meglio il primo capitolo della loro storia, sicuramente quello più significativo.


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