martedì 26 giugno 2012

Giant Giant Sand: Tucson

Illusioni latine, suggestioni tex mex, sfumature sud americane. In un sogno sospeso nel passato si intravedono i contorni sfocati di Tucson, lembo di terra bruciato dal sole, lambito dalla sabbia del deserto di Sonora, epicentro dell'omonimo concept album di Howe Gelb. Per celebrare degnamente le tante anime della sua città d'origine, ambientazione perfetta dietro a questa _ meravigliosa _ country rock opera il leader della band ha deciso di raddoppiare la posta in palio. Allora al posto dei Giant Sand arrivano i Giant Giant Sand, un progetto ancora più “trasversale”, definitivo, totalizzante, condizione necessaria _ e in questo caso sufficiente _ per raccontare una storia sospesa nel tempo, in Arizona, la storia di un uomo folgorato da una donna seducente, perfettamente sintetizzata nell'artwork del disco. Jonny Cash, Tom Waits sono i mostri sacri ai quali Gelb si rifà di volta in volta, robetta da niente, solo la storia del country e della roots music _ più o meno convenzionale (Wind Blown Waltz) _ a stelle e strisce. Plane of Existence è qualcosa di diverso da una semplice ballad, non tanto per il suo incedere o per l'armonia, ma per la voce del leader dei Giant Giant Sand, al limite della pigrizia, quasi fosse un'improvvisazione eseguita in quel bar sperduto, unico avamposto dove ignorare il prossimo davanti a un po' di alcool ai margini della città, fantasticando pateticamente sull'ipotetica donna della vita. Tucson funziona perché è un disco impolverato, perché non è originale, ma nemmeno finto, artefatto, semplicemente l'istantanea ingiallita di un “non luogo” che forse, esiste solo nella mente di Gelb.

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