giovedì 23 maggio 2013

Iggy Pop and The Stooges: Ready to Die

Accantonati i francesismi degli ultimi album solisti, l'Iguana rispolvera la sigla Iggy and The Stooges, e torna al (proto) punk'r'n'roll. Consapevole del passo falso di The Weirdness, il disco firmato Stooges del 2007, ha ridotto all'osso la presenza (scenica) della band: 35 minuti (incendiari) e tutti a casa. Niente filler, niente battute a vuoto. Non sappiano ancora se spariranno dal radar del r'n'r _ il rocker di Detroit ha 66 anni_ se trattasi di addio o arrivederci, l'unico dato certo è la qualità del disco, meno patinato rispetto alle prove soliste (Skull Ring docet) e vagamente vicino al MOSTRUOSO Raw Power. Considerando cosa è successo in questi 40 anni, tra dipartite risse, droghe, blasfemie e querele assortite,anche quel vagamente è un miracolo. Il primo della lista. Il secondo è il ritorno a casa di James Williamson che, per l'appunto 40 anni fa sporcò a dovere Raw Power _ e da allora non ha più toccato la chitarra. In barba a qualsiasi evoluzione darwiniana del sound quindi, il più malato e meno tecnico guitar hero di sempre è tornato esattamente dove aveva interrotto. Agli albori del garage punk. Ready to Die ha tutto quello che dovrebbe avere un disco degli Stooges, compreso un inizio tirato come pochi (il trittico Burn, Sex & Money e Job). Il sax malato, metropolitano e metafisico di Steve Mackay, il drumming puntuale di Scott Ashelton, le linee di basso di Mike Watt ( che detta legge in DD's), lo stile cristallizzato e retrò di Williamson e Iggy che canta con il suo timbro più profondo, di soldi, sesso e di quanto il mondo faccia schifo, come nella sguaiata Unfriendly World (e da Detroit si ha una vista privilegiata sulle sconcezze del mondo). 10 pezzi “Stooges guaranteed” eccezion fatta per Beat That Guy, Stonesiana fino al midollo. Sul finale l'omaggio al compagno di scorribande Ron in The Departed, che riprende in maniera commovente il riff di I Wanna Be Your Dog in chiave country acustica. 


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