mercoledì 10 luglio 2013

Andrew Stockdale: Keep Moving

Keep Moving doveva essere il terzo capitolo della saga hard rock dei Wolfmother. Così non è stato. Il Deux et Machina della formazione australiana ha messo in soffitta il moniker (optando in un secondo momento per un'opzione più possibilista sul futuro della band) aprendo ad un percorso solista. Una prova convincente che prosegue _ e non poteva essere altrimenti _ il discorso di Cosmic Egg, ultima prova in studio per il combo di New Moon Rising. Stavolta però il tenore delle canzoni è meno arrembante. Intendiamoci, riff al fulmicotone, urla “campionate” dall'ugola di Robert Plant non mancano. Il lupo perde il pelo ma non il vizio: è sempre il rock di settantiana memoria (Vicarious, Year of the Dragon) a monopolizzare le trame sonore del disco, quello della triade Zeppelin, Sabbath e Purple. Tuttavia affiorano nitide parentesi blues a smorzare la tensione, attimi di quiete che ricordano da vicino il rock dei Free e nell'attitudine, l'avventura dei Thin Lizzy. Poi ci sono le ballad _ come Suitcase o Black Swan _ numeri d'alta scuola per i nostalgici del soggiorno gallese dei Led Zep (era il terzo album, acusticamente perfetto). Le critiche arriveranno (ancora): citazionismo _ se non addirittura manierismo _ i capi d'accusa più frequenti. Let somebody Love You è una cartolina dal sud dell'America, testimonianza perfetta del ruolo del Lynyrd Skynyrd. La verve dei Wolfmother non manca in She's a Motorhead (e con un titolo così non potrebbe essere altimenti): funk hendrixiano indiavolato. Brillante il recupero di Stockdale in Country con un'armonica roots godibilissima fa venire in mente Howl dei Black Rebel Motorcycle Club. Ed è un signor complimento.

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