giovedì 19 gennaio 2012

Queens of The Stone Age: Song For The Deaf

Una macchina sfreccia lungo le polverose strade del deserto americano, a bordo personaggi poco raccomandabili, brutti ceffi. Un sound ossessivo, l'incedere del basso cupo, un drumming indemoniato e un pugno di canzoni memorabili. Al terzo disco le regine fanno il colpaccio: Songs For The Deaf è probabilmente il miglior lavoro mai pensato dalla mutevole formazione capitanata da Homme. Due anni dopo l'apprezzato Rated R i Queens _ per l'ultima volta con Nick Olivieri _ stanno vivendo il loro momento magico, ammantato da un fascino oscuro e immortalato nel delirante ed iconico video di No One Knows. A conti fatti proprio questa breve parentesi di estasi infernale ha dato agli orfani del rock di Seattle e non solo una nuova prospettiva in anni dove il trascurabilissimo "new metal" non brillava certo per originalità o voglia di sperimentare. Dopo Songs... il gruppo, guidato dal solo Homme, non si ripeterà mai più, prodigandosi tra lavori discreti (Era Vulgaris) ma letteralmente svuotati da quell'imprevidibilità/pazzia di questi brani. Dischi piacevoli, ma per carità, Songs... è tutta un'altra cosa. Un esempio perfetto in questo senso è rappresentato dalla title track in cui, dal nulla spunta la voce di Lanegan in una staffetta con il fondatore del gruppo, poi l'annuncio di uno speaker radiofonico a cui seguono pochi secondi di caos. First It Giveth non ha bisogno di presentazioni, God Is The Radio invece sembra la gemella cattiva _ specie nella sua parte introduttiva _ della floydiana Money. Mosquito Song è il pezzo che più di tutti, si avvicina con un piglio seventies alla comune concezione di ballad, certamente più di Another Love Song. In definitiva si tratta di un disco senza cali di tensione o brani minori, molto più forte nel suo insieme rispetto alla sue singole componenti prese singolarmente.

Nessun commento: